Decreto Liquidità: ancora un fulgido esempio di legislazione rinnegante

Il “Decreto liquidità” è stato finalmente approvato, finalizzato a rendere operative tutte le decisioni contenute nel precedente “Cura Italia”. Continuiamo ad essere molto sospettosi sulla reale positività di tale decreto, che ancora una volta ci sembra un fulgido esempio di legislazione rinnegante.

Procedure macchinose e, purtroppo, una gestione dell’emergenza ben poco lungimirante. Un esempio per tutti? Fare riferimento al fatturato fino a marzo 2020 come criterio per ottenere finanziamenti e bonus rispecchia poco il reale valore della crisi economica. Perché? Molte imprese ricevono i pagamenti per le fatture emesse a 60 o 90 giorni, alcune addirittura a 120 giorni, quindi i veri effetti di questa crisi economica saranno visibili solo fra alcuni mesi, quando magari i criteri per accedere alle agevolazioni previste dal Governo saranno già cambiati o, ancora peggio, i soldi saranno finiti.

Mantenendo la distinzione in 5 macroaree, come nel post-blog precedente, per renderne più agevole la comprensione, vediamo dunque cosa il “Decreto Liquidità” conferma a proposito di casa (affitti e mutui) ed imprese.

Cominciando da casa e imprese.

1. CASA: AFFITTI E MUTUI

Confermata la possibilità di sospendere i mutui per 9 mesi e viene anche (osiamo perfino dire finalmente!) estesa anche a chi ha comprato la prima casa da meno di un anno.

Il Decreto Liquidità affronta anche il problema del mantenimento delle agevolazioni previste per l’acquisto della prima casa, con la sospensione dal 23 febbraio al 31 dicembre 2020 dei termini, per esempio, per il trasferimento della residenza nel comune in cui si trova l’abitazione o per l’acquisto di altro immobile ad uso prima casa in caso di rivendita della prima entro 5 anni dal suo acquisto.

2. IMPRESE

  • Aumentano le garanzie per l’operatività del Fondo Centrale di Garanzia per le PMI fino a 499 dipendenti.
  • In merito al sostegno alla liquidità delle imprese le banche, garantite da SACE (società per azioni afferente al gruppo italiano Cassa Depositi e Prestiti quindi di fatto una garanzia di Stato), dovrebbero poter erogare prestiti in maniera più semplice, per una cifra totale di 200 miliardi.
  • 30 miliardi destinati a piccole e medie imprese, professionisti e lavoratori autonomi, una cifra che ci sembra quanto meno non sufficiente, soprattutto in virtù della percentuale in cui è suddivisa fra PMI e altre imprese. In percentuale, infatti, le PMI e liberi professionisti (categoria che comprende una gran varietà di lavoratori autonomi in possesso di P.Iva) sono ben più del 15% del PIL italiano.
  • Le condizioni di accesso al prestito sono, inoltre, molto restrittive (in primis la durata soli 6 anni che per un’azienda sembra essere un orizzonte troppo breve) ed escludono le aziende che erano già in difficoltà (per qualunque motivo) prima dello scoppio della pandemia, anche se la loro situazione è nettamente peggiorata. Semaforo rosso anche per le attività segnalate fra le esposizioni deteriorate al 29.02.20, per esempio quelle con crediti in sofferenza nei confronti delle banche. Proprio su quest’ultimo punto occorre prestare molta attenzione, poiché la definizione di esposizione deteriorata è molto labile e ogni banca ne ha una propria, quindi la possibilità di vedere accolta la domanda potrebbe anche variare in base all’istituto con cui si hanno pendenze.
  • La garanzia SACE ovviamente copre solo i prestiti erogati dopo l’entrata in vigore del decreto il cui importo non può essere superiore al 25% del fatturato 2019 (come dichiarato sul bilancio 2019) o al doppio dei costi del personale 2019 (sempre comprovati dal bilancio, se l’impresa è nata dopo il 31 dicembre 2018 si fa riferimento alle stime documentate dal legale rappresentante).
  • La garanzia SACE non copre l’intero importo del finanziamento, ma in percentuale da 90% al 70% in base al fatturato e numero di dipendenti, e viene concessa a patto che l’impresa non approvi distribuzione di dividendi o riacquisto di azioni nel corso del 2020, si impegni a gestire il mantenimento del livello occupazionale con i sindacati e il prestito sia finalizzato a coprire costi di personale, investimenti o capitale circolante per stabilimenti e imprese localizzate in Italia.
  • La procedura di accesso al prestito per le aziende con meno di 5000 dipendenti e un fatturato inferiore a 1,5 miliardi di euro dovrebbe essere “semplificata”. In che modo? Lasciamo giudicare a voi! L’impresa fa domanda alla propria banca, la banca trasmette la documentazione a SACE che istruisce una pratica apposita con un codice identificativo univoco per quel finanziamento, dopo che SACE ha dato l’ok la banca può erogare il prestito. Per le imprese di dimensioni maggiori un piccolo passaggio in più: serve anche un’istruttoria del MEF. Aspettiamoci che al termine dell’istruttoria il procedimento venga messo al televoto per sapere se la domanda è stata o meno accettata!