Processo telematico

Processo telematico: da soluzione d’emergenza a “regalo” della pandemia?

Pochi giorni fa il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha dichiarato che a breve si tornerà alla normalità, indicando con ogni probabilità che si potrà tornare alle vecchie abitudini come andare in tribunale e passare ore e ore fra cancellerie e ricerca documenti.

Ma siamo davvero sicuri che per tornare alla normalità sia utile fare un passo indietro? Non sarebbe meglio cogliere invece l’occasione per un balzo in avanti?

Tra tutti i settori, la Giustizia è davvero quello che ha tutte le potenzialità di diventare “smart”. A vantaggio di tutti: cittadini (che sono i veri ed unici “clienti” del servizio giustizia) ma anche di giudici e avvocati.

Per questo vorremmo lanciare un vero e proprio manifesto per l’informatizzazione della Giustizia, in grado di trasformarla da “dinosauro di carta” in una macchina svelta ed efficiente.

L’autoisolamento forzato dei mesi di marzo e aprile che ha bloccato la giustizia ci ha anche mostrato che il ricorso al processo telematico non solo è possibile ma è anche più snello e veloce.

Perché perdere ore in tribunale, per esempio, per un’udienza in cui un giudice sepolto sotto montagne di fascicoli non ha tempo neanche per scrivere il verbale quando si può discutere la questione da remoto? Perché perdere tempo in cancelleria per chiedere copia di un documento quando lo si potrebbe ricevere via mail?

A nostro parere (e vediamo se qualcuno vorrà provare a smentirci!) la maggior parte delle udienze potrebbe avvenire da remoto: andare e venire dai tribunali serve solo ad alimentare una farraginosa macchina burocratica, a causa della quale a volte è necessario stare ore in giro per mettere una firma su un documento o per consegnare un fascicolo.

Una pratica dannosa prima di tutto per i cittadini, e motivo principale per cui la giustizia sembra sempre necessitare tempi biblici.

Ma la macchina giudiziaria, in attesa della tanto attesa riforma che dovrebbe includere anche un massivo ricorso al processo telematico, rimane lenta e ingolfata.

In questo contesto gli avvocati sono spesso costretti a stare in coda fuori dai tribunali, lontani dall’ufficio a volte anche tutto il giorno e quindi a farsi pagare (anche) il tempo che perdono fra un tribunale e l’altro.

Non avrebbe più senso pagare gli avvocati per il vero valore aggiunto della loro attività? Avvocati che avrebbero più tempo per studiare le carte e per preparare memorie difensive invece che perdere ore in faccende burocratiche.

Senza contare gli evidenti vantaggi delle udienze da remoto: manca una carta o un documento? Stando in ufficio l’avvocato potrebbe recuperarlo, consultarlo e consegnarlo seduta stante, senza il bisogno di rinvii e ulteriori ritardi.

Con un ulteriore vantaggio: che a parità di investimenti, le risorse fisiche (oggi scarse) come aule, dispositivi di videoregistrazione e di personale potrebbero essere dedicate alle attività su questioni particolarmente importanti e che richiedono la presenza delle parti: si pensi all’audizione di un minore, alla tutela delle persone più fragili, eccetera.

A corroborare le potenzialità del processo telematico arrivano anche alcuni recenti pareri positivi del Garante della Privacy, relativi il primo proprio allo schema di decreto del Presidente del Consiglio sul processo telematico, il secondo alle linee guida per la conservazione dei documenti digitali.

Un parere positivo legato senza dubbio al divieto di registrare le udienze, impedendo al provider di conservare dati sensibili al di fuori di quelli strettamente necessari per utilizzare il software (metadati).

A tal proposito, infatti, il Garante della Privacy auspica ovviamente che passata l’emergenza il sistema giudiziario e i suoi organi si dotino di una piattaforma di loro proprietà per le videoconferenze e il deposito di atti e documenti, in modo da garantire la riservatezza nel totale rispetto del GDPR.

Insomma, la rivoluzione è possibile. E mai come ora è stata a portata di mano. Ma allora, perché non proseguire?

Intorno a un sistema che si ripete sempre uguale a sé stesso, si consolidano, nel tempo, diversi interessi, piccoli e grandi. Il mondo che ruota attorno ai tribunali, purtroppo, non fa eccezione. Non parliamo di traffici sottobanco, beninteso, ma di una realtà più sottile e perniciosa, fatta di persone (non di ruoli) che hanno tutto l’interesse al mantra “abbiamo sempre fatto così”.

Ma come dicevano gli antichi “iniziare un nuovo cammino spaventa, ma dopo ogni passo che percorriamo ci rendiamo conto di come fosse pericoloso rimanere fermi”.