Dopo mesi di tira e molla fra consumatori e compagnie aeree sembra volgere al termine la querelle sui rimborsi per viaggi annullati a causa del Covid19.
L’Unione Europea aveva da subito storto il naso davanti alla decisione di quasi tutti i tour operator di concedere ai consumatori un voucher, dapprima della validità di 12 mesi poi prorogata a 18 mesi, ovvero un buono spendibile per recuperare il viaggio, avviando una procedura di infrazione nei confronti del Governo italiano, che è dovuto correre ai ripari.
Attraverso alcuni emendamenti al Decreto Rilancio, in ordine di tempo l’ultimo emanato per affrontare l’emergenza post Covid19, l’esecutivo con l’ok della commissione bilancio ha dovuto dare ragione a quanti si erano schierati contro i voucher, chiedendo di ottenere i rimborsi integrali.
Come confermato il mese scorso in un’intervista al Sole 24 Ore dal professor Giovanni Stella, una cattedra di diritto privato all’Università di Pavia e una docenza alla Bocconi, infatti, gli annullamenti seguiti alla crisi epidemiologica in ottemperanza alla Direttiva Ue 2302/2015 e alla legge italiana di sua attuazione devono prevedere un rimborso integrale, in virtù del recesso dovuto “a circostanze imprevedibili e straordinarie”.
Perché se tecnicamente voucher e rimborso possono essere considerati equivalenti erano stati molti i consumatori a sollevare dubbi in merito. Per le motivazioni più differenti.
Perché nei 18 mesi di validità del voucher il costo del biglietto aereo potrebbe essere aumentato anche di molto rispetto a quando era stato prenotato originariamente, o ancora perché a causa della crisi il consumatore non si trovi più nella condizione di potersi permettere il viaggio.
In caso il viaggiatore lo preferisca, è nel suo pieno diritto, rinunciare al voucher per ottenere il rimborso integrale, che sarà comunque corrisposto se passati i 18 mesi di validità del voucher lo stesso non sia stato utilizzato.
Ecco un caso particolarmente emblematico: il sito web “Voyage Prive”, che ha imposto una policy di rimborso del tutto particolare, secondo la maggior parte dei legali, assolutamente illegittima.
In estrema sintesi il sito in fase di prenotazione con voucher di rimborso post Covid potrebbe consentire di utilizzarne solo una parte, equivalente alla percentuale della caparra versata in precedenza.
Per esempio, per pagare un viaggio del valore di 2000 euro per il quale era stata versata una caparra di 1000 euro (equivalente al 50% del valore totale) il voucher dovrebbe essere utilizzato fino ad un massimo di 500 euro, e il restante verrebbe accreditato in un ulteriore voucher.
Un modo per tenere al palo il consumatore, costretto così ad una specie di catena di Sant’Antonio per riuscire a spendere in toto il valore complessivo del proprio voucher.
Siete perplessi? Se anche voi avete subito una cancellazione e state combattendo con tour operator o compagnia aerea per ottenere il rimborso del viaggio, contattateci. La valutazione della vostra situazione è sempre gratuita e senza impegno!