Gli strumenti di risoluzione stragiudiziale, comunemente conosciuti con l’acronimo inglese ADR (Alternative Dispute Resolution) sono strumenti che la legge mette a disposizione per risolvere in breve tempo e in maniera rapida, al di fuori dei canonici procedimenti di giudizio, le controversie con lo Stato, le imprese e il fisco, per esempio relative a contratti di vendita di beni e servizi.
Generalmente nell’ordinamento italiano abbiamo una suddivisione in quattro tipologie:
- l’arbitrato;
- la mediazione;
- la conciliazione;
- la negoziazione assistita.
Tali strumenti sono entrati negli ultimi anni nelle politiche sovranazionali dell’Unione Europea e dei singoli Stati Membri, come incentivo ai cittadini all’utilizzo di percorsi alternativi per la definizione delle controversie, efficientando le tempistiche e contenendo i costi. Soprattutto nel tentativo di alleggerire l’impressionante arretrato della giustizia civile.
Ma vediamoli brevemente uno per uno.
L’arbitrato: come dice già il nome implica la presenza di un arbitro a cui le parti si rivolgono per dirimere una controversia. È lo strumento di risoluzione stragiudiziale più antico, essendo già presente nel codice di procedura civile originario. Le parti fanno decidere una controversia ad un arbitro, un professionista qualificato terzo ed imparziale, la cui decisione viene chiamata “lodo” ed è in tutto e per tutto equiparata alla sentenza di un giudice.
La mediazione: è stata introdotta (in attuazione di una direttiva dell’Unione Europea del 2008) una decina di anni fa dal legislatore, come primo passo obbligatorio nelle dispute in determinate materie, pena l’impossibilità di procedere in giudizio. In altre parole, per alcune controversie è obbligatorio tentare la mediazione prima di andare in tribunale. Il mediatore dovrà provare a conciliare le due parti in (procinto di) causa. Per Legge il percorso di mediazione non può durare più di 3 mesi. Tale procedimento sembra essere il punto di congiunzione fra i vantaggi della negoziazione assistita e dell’arbitrato.
La conciliazione è molto spesso associata all’ambito lavorativo ed è disciplinata dal d.l 28 del 4 marzo 2010. Esiste una conciliazione giudiziale quando interviene un giudice a dirimere la controversia oppure stragiudiziale quando è affrontata davanti ad un conciliatore o mediatore. Può anche intervenire una commissione di conciliazione che deve formulare una proposta per una definizione bonaria della controversia.
La negoziazione assistita, introdotta con la legge 162 del 10 novembre 2014, come recita il nome stesso è la ricerca di un accordo fra le parti assistite dai rispettivi avvocati ma senza l’ausilio di terze parti (mediatore, giudice o arbitro). Il tentativo di risolvere una controversia con negoziazione assistita è obbligatorio per le controversie di valore economico fino a 50mila euro e per legge per tutte le controversie di qualsiasi valore economico che abbiano per oggetto un risarcimento danni per circolazione di veicoli e natanti. Oggi la legge consente di risolvere con tale modalità anche le procedure di separazione e divorzio.
In tutti questi casi si tratta di tentativi preventivi di risolvere una controversia di varia natura, con un accordo fra le parti, per evitare di andare in giudizio, che per sua natura prevede delle tappe obbligate e delle tempistiche nettamente più lunghe.
In ogni caso, qualunque sia la controversia in cui vi trovate, una consulenza legale è sempre una buona idea, soprattutto per capire quale strumento stragiudiziale è più adatto alla specifica problematica o quale sia il percorso da seguire, anche nel caso in cui il tentativo di risoluzione stragiudiziale sia da considerarsi propedeutico al giudizio.