La riforma Cartabia (dal nome della Ministra della giustizia allora in carica) ha introdotto diverse interessanti novità in materia di separazione e divorzio, con l’obiettivo di rendere l’iter giudiziario più efficiente ma soprattutto più “umano”. La riforma non è priva di zone d’ombra ma segna comunque un cambiamento importante rispetto al passato che vale la pena approfondire.
Prima di addentrarci su cosa cambia con la riforma Cartabia, è giusto fare una una premessa: l’Italia e il Portogallo sono gli unici due Paesi a prevedere due momenti diversi per i coniugi che intendono porre fine al loro legame, ovvero, la separazione, prima, e il divorzio poi. In tutti gli altri Paesi, esiste solo un momento decisivo, ovvero il divorzio, senza nessun preambolo.
Perché la scelta di due momenti distinti? Inizialmente, la separazione era vissuta come un periodo di “prova”, che sottintendeva l’auspicio di un ripensamento da parte dei coniugi (non bisogna dimenticare che, ai tempi, il divorzio è stato frutto di un’aspra battaglia sociale che ha trovato forti resistenze nella parte piú conservatrice del Paese, impregnata di cultura cattolica). Con il tempo, questa connotazione è sparita ma l’iter è rimasto pressoché inalterato. Almeno fino ad ora.
RICHIESTA SIMULTANEA DI SEPARAZIONE E DIVORZIO
Dal 2014 erano già possibili gli accordi di negoziazione assistita tra avvocati, ovvero un iter semplificato che delegava gli accordi di separazione e divorzio direttamente ai legali degli ex-coniugi, che li mettevano per iscritto e li sottoponevano ai rispettivi assistiti. Dopo un iter di discussione si giungeva all’accordo e quindi le parti non dovevano vedersi in tribunale, evitando un momento doloroso e difficile che le persone vivono con forte stress.
Con la riforma Cartabia è stata introdotta la possibilità di chiedere il divorzio contestualmente alla richiesta di separazione. Un cambiamento certamente positivo, anche perché, generalmente, chi arriva a chiedere la separazione ha già meditato a lungo prima di compiere questo passo, a volte anche due o tre anni. Quindi non ha senso offrirgli più tempo riflettere su una decisione che ha già preso! Al contrario, un iter così lungo può portare a inasprire ulteriormente la tensione ed esaspera le situazioni conflittuali. Ben venga dunque un accorciamento dei termini. La decisione si inserisce in un contesto più ampio che vuole restituire al divorzio una dimensione più umana, mettendo al centro le persone e i loro bisogni prima delle procedure giuridiche.
Il piano genitoriale
L’aspetto principale della riforma Cartabia riguarda la tutela dei minori in caso di separazione e divorzio dei genitori. L’introduzione degli accordi di regolazione e dell’iter breve rappresenta già di per sé un importante passo avanti nella tutela dei minori, che spesso risentivano della tensione dei genitori in questo periodo così delicato. Ma la riforma Cartabia fa di più, introducendo un concetto nuovo: quello di piano genitoriale.
Si tratta di un vero e proprio accordo incentrato sui bisogni concreti del minore, sulle sue abitudini e le sue attività: il piano genitoriale prevede di elencarli, razionalizzarli e decidere chi deve affiancare il minore in quelle circostanze. Chi deve andarlo a prendere all’uscita del corso di danza? Chi deve accompagnarlo a casa dei nonni? Il piano entra anche all’interno di questioni cruciali della vita quotidiana: può partecipare ai pigiama party degli amici? Può andare al parco in bicicletta da solo? E così via. Somiglia molto a un “piano di management” e di primo impatto può sembrare quasi lapalissiano, perché “per certe cose basta il buonsenso”. Il problema è che di fronte ad eventi molto stressanti ed emotivamente coinvolgenti, come una separazione, spesso il buonsenso viene meno. E il piano genitoriale lo riporta in primo piano, costringendo le parti a confrontarsi con necessità quotidiane e concrete. Non ci sono piani “preconfezionati”, ma esistono dei punti saldi dati dal codice civile.
La riforma prevede anche che nei casi di più accesa conflittualità si possa nominare un mediatore del conflitto, che aiuti la famiglia a superare il momento di crisi e a ri-armonizzarsi nel suo nuovo assetto.
Divorzio e aspetti patrimoniali
Molto importanti da conoscere sono gli aspetti patrimoniali conseguenti alla separazione e al divorzio. Specialmente per il trasferimento di beni esistono delle agevolazioni fiscali che permettono di “attutire il colpo”. Ad esempio, il trasferimento della proprietà di un immobile in caso di separazione o divorzio, se ha lo scopo di “dirimere la conflittualità tra le parti”, viene agevolato fiscalmente con una tassazione agevolata che sconto solo una somma fissa da versare all’erario 500,00 e non le imposte previste in caso di vendita.
Non solo: prima esisteva lo “spauracchio” dell’accertamento fiscale: se si riteneva che l’ex coniuge nascondesse degli introiti per pagare assegni di mantenimento più bassi, era possibile chiedere l’accertamento e il conseguente intervento della Guardia di Finanza, che poteva tranquillamente presentarsi a casa. Immaginate la felicità delle fiamme gialle nel compiere operazioni simili… Adesso è il tribunale he chiede la busta paga, tre anni di estratti conto, tre anni di Cud o tre anni dichiarazione dei reddit,i eventuali proprietà iscritte nei pubblici registri (come barche e automobili), partecipazioni societarie etc. Se questi documenti non vengono depositati, il tribunale può irrogare delle sanzioni
Altro aspetto importante nella gestione patrimoniale della separazione e del divorzio è l’assegno unico universale sui minori. Un tempo era conosciuto come “assegno familiare” Con la riforma sono stati introdotti nuovi calcoli, che tengono maggiormente conto dell’ISEE. Quindi si può decidere di dividere al 50 % l’assegno unico o si può decidere di assegnarlo ad un solo coniuge. Questo è un dato importante perché diventa un ulteriore elemento per quantificare gli aspetti economici e per rendere maggiormente sostenibile la frattura genitoriale.
Riforma Cartabia: le zone d’ombra
Tuttavia, esistono anche delle zone d’ombra. La prima, è un falso temporale: si pensa infatti che con la nuova riforma si ottenga subito il divorzio, basta chiederlo in fase di separazione. Ma chiedere è una cosa, ottenere è un’altra: è la richiesta di divorzio quella che può avvenire subito; ma per ottenerlo, devono passare sei mesi dal provvedimento di separazione emesso dal tribunale.
La seconda: può sparire un importante “periodo cuscinetto” che permetteva di aggiustare il tiro verso eventuali richieste in caso di significativi cambiamenti della vita: ad esempio, se durante il periodo di separazione il coniuge che versa l’assegno di mantenimento dei figli riceve una promozione e inizia a guadagnare di più, può essere coerente, in fase di divorzio, chiedere di aumentare proporzionalmente l’importo dell’assegno. Se però si chiedono subito sia la separazione sia il divorzio, le decisioni prese in sede di separazione diventano effettive anche nel divorzio e potranno essere modificate solo con l’introduzione di altro ricorso in tribunale che comprovi il cambiamento di situazione, quindi nulla è pregiudicato per la tutela delle parti più deboli..
La terza zona d’ombra riguarda, come al solito, gli aspetti applicativi della legge. Ma questa è una grande tradizione giuridica italiana: si fanno o si cambiano le leggi ma non si spiega ai funzionari come devono applicarle. In questo caso specifico, non sono state specificate procedure comuni, con il risultato che ogni tribunale sta un po’ facendo da sé, aggiungendo confusione alla confusione.
Un ulteriore passo in avanti verrebbe dall’introduzione nel sistema giuridico italiano dei patti prematrimoniali, già in uso in altri Paesi. Ma qui ci troviamo di fronte a un ostacolo che è culturale, non soltanto giuridico. I patti “pre-nupt” rovinano l’idea romantica che secoli di condizionamenti ci hanno obbligato ad associare al matrimonio. Spesso però, è proprio la volontà razionale a creare le unioni più solide, longeve e soprattutto più serene.
Una nota importante: è bene ricordare che la richiesta di separazione non prevede per forza il coinvolgimento di un avvocato. Separarsi è semplicissimo: basta recarsi all’anagrafe del proprio Comune, chiedere l’apposito modulo da compilare e pagare un obolo di 80 €, ma è applicata in assenza di minori. Nel caso siano presenti figli minori, anche in caso di sola separazione c’è sempre un passaggio attraverso il tribunale che controlla in particolare il rispetto dell’interesse primario dei minori: in questo caso l’intervento dell’avvocato è necessario.
E quindi, perché non portarsi avanti e chiamarne subito uno? Anche solo per avere le idee chiare sulla propria situazione e prendere così decisioni più consapevoli. Da anni affianchiamo le persone negli iter di separazione e divorzio, per cercare di rendere questo passaggio così complesso il più equo e sereno possibile. Contattateci per un approfondimento: la valutazione della situazione e delle azioni da intraprendere è sempre gratuita e senza impegno.