sentenza compravendita

Riforma della sentenza e imposta di registro

La vicenda

In un giudizio diretto all’adempimento coattivo di un contratto preliminare di compravendita immobiliare (art. 2932 c.c.) il tribunale pronuncia sentenza di trasferimento dell’immobile.

Sulla base della sentenza, l’agenzia delle entrate emette avviso di accertamento dell’imposta di registro e di trasferimento immobiliare.

In appello, la sentenza viene riformata.

Nel frattempo, alle parti del giudizio viene notificata una cartella esattoriale basata sull’avviso di accertamento.

Il processo

La parte dell’allora giudizio civile ha impugna la cartella esattoriale. Con il ricorso, la contribuente ha contestato la debenza dell’imposta di registro, deducendo l’avvenuto annullamento del provvedimento giurisdizionale soggetto a tassazione a seguito della sentenza della Corte di Appello di Roma passata in giudicato e dunque il mancato trasferimento dell’immobile.

Agenzia delle Entrate ha resistito in giudizio, fra l’altro deducendo la non opponibilità del giudicato esterno, in quanto la contribuente non avrebbe provato il passaggio in giudicato della sentenza della Corte di Appello di Roma.

La Corte di Giustizia tributaria di I grado di Roma (sentenza 09 aprile 2024  n. 4777) ha accolto il ricorso.

Le questioni di diritto

La Corte di 1^ grado, nel disporre l’accoglimento del ricorso della contribuente, argomenta partendo dall’analisi dell’art 37 TUIR, in forza del quale «tutti gli atti dell’autorità giudiziaria in materia civile che definiscono anche parzialmente il giudizio….. sono soggetti a imposta di registro anche se al momento della registrazione sono stati impugnati o sono ancora impugnabili salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato». 

Ne discende dunque che gli atti giurisdizionali non sono però soggetti al pagamento dell’imposta di registro se interviene un successivo provvedimento di riforma o di annullamento dell’originaria sentenza, che fa venir meno il presupposto impositivo.

Nel caso in analisi, come accertato dalla Corte, era venuto meno il presupposto impositivo a seguito della sentenza della Corte d’appello di Roma passata in giudicato che aveva completamente riformato la sentenza di primo grado.

In presenza di una sentenza passata in giudicato di riforma del titolo giurisdizionale soggetto a  tassazione si verifica dunque l’ipotesi prevista dall’art. 37, comma 1, TUIR e la pretesa dell’Ufficio Erariale deve essere annullata: l’imposta di registro è, infatti, un’imposta d’atto e deve necessariamente essere collegata ad un atto esistente.

Sul punto, tuttavia, va osservato che l’Ufficio erariale, in applicazione del principio di stretta legalità che soprintende l’esercizio della funzione tributaria, avrebbe dovuto disporre l’annullamento in autotutela dell’atto impositivo senza pretendere dalla contribuente la dimostrazione di una circostanza negativa, ossia che il trasferimento immobiliare non era mai avvenuto.

La Pubblica Amministrazione deve infatti agire esclusivamente in conformità alla legge. Pertanto, se un provvedimento viene adottato in violazione di una norma di legge, l’amministrazione ha il dovere di annullarlo d’ufficio, esercitando, dunque, il suo potere in autotutela.

Nel caso di specie, la Corte di giustizia tributaria ha accolto il ricorso sulla base della ragione più liquida (la riforma della sentenza di primo grado) senza entrare nel merito dell’errata applicazione del principio di autotutela.