Ragionevole durata dei processi: la digitalizzazione che non c’è

Le tecnologie digitali hanno completamente rivoluzionato le nostre abitudini quotidiane e il nostro modo di lavorare. Alla digitalizzazione va riconosciuto il merito di aver accorciato tempi e distanze e aver consentito una più efficiente gestione dei dati. Almeno in teoria. Basta entrare in un’aula di tribunale per rendersi conto di quanto la realtà sia diversa dalle aspettative. Si sperava che le nuove tecnologie aiutassero a sveltire la macchina amministrativa, aiutando di conseguenza a ridurre la durata dei processi, consentendo di aderire ai parametri della Legge Pinto. E un miglioramento, effettivamente, c’è stato: la durata media di un processo civile si è ridotta dai 524 giorni di media del 2014 ad “appena” i 360 di oggi. La Corte di Strasburgo ha riconosciuto gli sforzi dell’Italia . Ma i tempi sono ancora molto, troppo lunghi, nonostante la diffusione delle nuove tecnologie. Perché?

Il motivo è semplice: purtroppo i nuovi strumenti tecnologici non possono (ancora) fare tutto da soli: affinché si rivelino realmente efficaci, occorre un intervento umano. Vediamo in che modo:

  • i sistemi informatici sono lo specchio della realtà

I programmi sono sempre più personalizzabili: le loro funzionalità possono essere attivate, disattivate o adattate a seconda delle necessità di chi ne fa uso. Un bel vantaggio, certo, ma solo a una condizione: bisogna sapere esattamente cosa si vuole. Ammettiamolo, è una dote molto rara. In questi casi, i professionisti si accontentano che venga dato loro un quadro generale dell’attività e dei flussi di lavoro, facendo particolare attenzione ai punti più importanti. Ed è qui che nasce il primo problema. Molto spesso, infatti, la (dis)organizzazione dell’attività è talmente complessa e inefficiente che diventa quasi impossibile crearne un alter ego informatico: prima di digitalizzarle, le procedure andrebbero riviste. Ma questo significa stravolgere abitudini consolidate e ruoli da tempo definiti. Ed è un cambiamento difficile da accettare.

  • è indispensabile un protocollo comune

Le varie istituzioni devono poter comunicare facilmente tra loro, scambiandosi informazioni e dati; per farlo, è necessario che i sistemi informatici siano configurati in modo da “parlare la stessa lingua” e facilitare il lavoro. Purtroppo, la digitalizzazione avviene spesso in tempi e modi differenti, e questo rende più complessa la creazione di un comune protocollo di gestione e comunicazione (senza contare le problematiche di cui al punto 1): basti pensare che ogni giurisdizione (civile, amministrativa, tributaria, senza contare quella penale e gli uffici del giudice di pace) ha una sua piattaforma informatica, fondata su protocolli e logiche radicalmente diverse, che le rende del tutto “impermeabili” e mute tra di loro!

  • dietro lo schermo c’è un essere umano

 

È necessario che chi utilizza le nuove tecnologie le conosca perfettamente a livello operativo: il personale interessato deve ricevere un’adeguata formazione e imparare ad usare i nuovi strumenti ancora prima che vengano integrati in modo definitivo, in modo da “ingranare” un po’ alla volta e avere il tempo di prendere confidenza con i nuovi metodi. Spesso, purtroppo, questo non accade: il risultato paradossale è che si perde più tempo a utilizzare i nuovi strumenti digitali piuttosto che i vecchi raccoglitori di documenti.

Ci sarebbe molto altro da dire, ma questi tre punti, già da soli, sono sufficienti a spiegare come mai la tanto auspicata “accelerazione” tecnologica non è avvenuta. O, per meglio dire, non è ancora giunta a compimento. I casi di irragionevole durata del processo continuano ad apparire sui giornali: è il caso dei due cittadini bresciani che hanno dovuto attendere ben 12 anni per veder concluso il processo che li vedeva coinvolti. Inoltre, la richiesta di risarcimento danni per irragionevole durata del processo, presentata alla Corte d’Appello di Brescia, come previsto dalla Legge Pinto, è stata disattesa: l’indennizzo del Ministero non è mai arrivato, nonostante il sollecito del TAR.

Se siete coinvolti in un processo che si protrae da tempo o semplicemente volete maggiori informazioni sulla Legge Pinto, contattateci per un colloquio conoscitivo. Vi aspettiamo nelle nostre sedi di Roma e Pomezia.