Corte avvisata …

Nel 2012, rimettendo mani al procedimento di equa riparazione (in senso punitivo per il cittadino, of course), il legislatore aveva modificato l’art. 4 della legge Pinto che stabilisce le condizioni per la presentazione del ricorso. Immediatamente le corti d’appello avevano sposato l’interpretazione restrittiva di quel testo, affermando che il ricorso poteva essere proposto soltanto dopo la conclusione in via definitiva della procedura che aveva causato il ritardo. Si trattava di un evidente controsenso, visto che un procedimento pensato per risarcire il danno derivante dall’eccessiva durata di un processo veniva differito  nella sua applicazione e quindi, in buona sostanza, finiva con l’aumentare il danno che in teoria avrebbe dovuto attenuare o eliminare. Sul punto era intervenuta una prima volta la Corte costituzionale che, con la sentenza n. 30 del 2014, aveva intimato al legislatore di modificare la norma per rendere accessibile il risarcimento da ogni momento successivo alla scadenza del termine di durata ragionevole. Con il consueto approccio di favore per l’apparato burocratico, il legislatore ha omesso per oltre quattro anni di intervenire, costringendo la Corte costituzionale ad intervenire di nuovo, con la sentenza del 26 aprile 2018 n. 88, per eliminare finalmente quel vero obbrobrio giuridico che era l’art. 4 della legge Pinto nell’interpretazione corrente e consentendo dunque di richiedere il risarcimento non appena decorso il termine di durata ragionevole del processo, senza essere costretti ad attenderne la fine.
È proprio il caso di dire: corte avvisata, mezza salvata!

Qui ulteriori informazioni per la proposizione del ricorso. Per ogni chiarimento, non esitate a contattarci.